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NUOVI SPAZI X NUOVE SOLITUDINI

La questione della riqualificazione degli ambienti presenti all'interno della città diffusa costituisce una delle sfide della cultura del design, nella sua graduale trasformazione da disciplina interessata alla progettazione di artefatti a disciplina capace di guidare gli attuali processi di riorganizzazione e rifunzionalizzazione degli spazi e dei luoghi urbani, a partire da una visione interessata a coniugare qualità degli ambienti e comunicazione, a progettare nuove strategie di valorizzazione del servizio, ad assecondare una domanda di abitare fondata sull'introduzione di artefatti reversibili e temporanei.
Si tratta allora di progettare "Neotopie”. Vale a dire luoghi destinati a molteplici forme di ospitalità in grado di far convivere utenze diverse, di riscattare porzioni di territorio dal loro destino altrimenti atopico, di introdurre un'idea alta e altra di socialità, in cui la dimensione privata e quella collettiva possano ragionevolmente convivere.
Neotopie come dispositivi complessi, ricavati dentro gli ambienti esistenti della città, interni ma anche interni urbani, destinati a ridare loro un nuovo ruolo, una nuova identità, una nuova vita, a partire però dal tentativo di interrogare il luogo destinato ad ospitarle e capire le ragioni della sua esistenza. Luoghi ricavati all'interno di strutture esistenti che hanno cessato di esercitare il ruolo per il quale erano nati: quali aree industriali e terziarie dismesse, ex complessi ospedalieri; o che, come nel caso di certe strutture residenziali pubbliche, non sono più in grado di rispondere alle nuove domande d’abitare presenti sul territorio.
In particolare il lavoro del Laboratorio di quest’anno è indirizzato allo studio di dispositivi innovativi destinati ad ospitare attività residenziali, culturali, laboratori creativi e altro, destinati a nuovi tipi di utenza rappresentativi della attuale fase di trasformazione della società: nuove forme di solitudine rappresentate da padri separati con figli, donne sole, giovani e anziani soli. Tali dispositivi sono stati poi applicati ad alcuni luoghi presenti sul territorio milanese, ed assunti come contenitori di questi ambienti, per verificare l’efficacia di questi modelli in un contesto concreto come quello milanese. In particolare i tre quartieri sono: Gratosoglio, Niguarda, Ponte Lambro.
Su ogni edificio hanno inizialmente lavorato 3 macro gruppi di studenti, poi ognuno di questi è stato suddiviso in altri gruppi di lavoro più piccoli, composti da due persone, che hanno sviluppato più nel dettaglio il progetto dei singoli ambienti. Gli obiettivi che sono stati posti ai ragazzi sono stati diversi e molto articolati. Questo ha fatto sì che gli input progettuali fossero molteplici e soprattutto vari, non necessariamente provenienti dal mondo dell’architettura degli interni. Nel dettaglio è stato chiesto loro:
- come ripensare l’abitare in una società sempre più fluida, mutevole e globalizzata, allontanandosi dall’eredità prettamente funzionalista e da codici comportamentali ormai superati.
- come rispondere alle esigenze di un “abitare da soli” che si pone come uno dei grandi problemi dell’abitare contemporaneo, in città che sempre di più ospitano nuclei mono-familiari, ma rispetto ai quali l’offerta abitativa è al momento decisamente insufficiente.
- come proporre alloggi innovativi nelle modalità d’uso e nelle “esperienze abitative” che propongono, ma anche connotati da elementi di qualità spaziale, percettiva, funzionale.
- come progettare alloggi diversificati, in grado di rispondere con flessibilità ad esigenze molteplici dei condomini
- come rendere l’edificio un polo con servizi utili anche al quartiere
Il processo progettuale non è ancora finito, in quanto gli studenti stanno continuando a lavorare su di essi anche in questo semestre, come progetti finali di laurea triennale.

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